Nonostante la contrarietà espressa dal Parlamento escludendola dalla relazione, approvata a giugno scorso, sulla riforma fiscale il Governo ha invece provveduto a inserire nella Legge Delega di Riforma Fiscale la Riforma del Catasto da decenni attesa e ora, almeno come tentativo, emanata quasi a sorpresa.
Il Parlamento evidentemente dovrà farsene una ragione: il catasto dopo decenni di attesa sarà riformato.
Il Governo afferma di svolgere un’operazione di trasparenza e si impegna a non mutare il carico fiscale nonostante la revisione delle rendite catastali a far sì che “tutti pagheranno le stesse imposte di prima, nessuno pagherà di più e nessuno pagherà di meno”. In realtà l’invarianza di gettito non potrà che realizzarsi con il fatto che qualcuno andrà a pagare di più e qualcuno meno, generando conseguentemente il gettito invariato.
Ma se davvero non deve cambiare nulla perché fare la riforma del catasto?
Bisogna prima di tutto dire che tale riforma è compresa fra quelle richieste dall’Europa nell’ambito di applicazione del PNRR in quanto appare come non più rinviabile la corrispondenza, o per lo meno l’avvicinamento delle rendite catastali ai valori di mercato. In effetti sul territorio italiano si riscontrano clamorose situazioni che, a causa dell’evolversi del mercato in contemporanea con variazioni “a macchia di leopardo” di alcuni valori e della oramai decennale stabilità della maggior parte degli importi, fanno sì che in molti casi, immobili di recente costruzione posti in zone periferiche e con un effettivo valore di mercato relativamente modesto siano valutati dal Fisco, tramite le rendite oramai obsolete, di maggior valore rispetto a pregiati immobili, meno recenti ma magari ristrutturati, posti in zone centrali delle città con relativo valore riconosciuto dal mercato altamente superiore.
Fatte queste brevi considerazioni risulta più chiaro comprendere come tale riforma sia necessaria e diremmo meglio addirittura ineludibile.
Certo non ci vuole molta fantasia per comprendere che la promessa invarianza di gettito può aver senso ed essere realizzata solo al momento iniziale della riforma tarando le nuove rendite su tale obiettivo. Di fatto con la riforma e con l’adeguamento al mercato del valore degli immobili si realizza uno strumento che in futuro più o meno a breve potrà essere base di un eventuale, al momento escluso, aumento di gettito ad esempio attraverso l’agganciamento automatico delle rendite stesse all’andamento del mercato immobiliare oppure penalizzando le seconde case con la scusa che non possono essere considerate bene primario.
È necessario inoltre tenere presente che l’aumento della tassa sulla casa, che a tutti viene in mente, e cioè l’aumento dell’IMU, non è l’unica possibile conseguenza dell’aumento delle rendite.
Ad esse legate vi sono anche l’imposta di registro, le imposte ipotecarie e catastali, le imposte di successione l’Iva e ancora, la Tari (tariffa sui rifiuti) definita dai Comuni e non dall’amministrazione centrale.
Insomma, in conclusione possiamo affermare che con ogni probabilità la riforma del Catasto, come detto, resa necessaria anche dalle richieste dell’Europa in una prima fase non provocherà (come da promessa) aggravi di gettito. Molti più dubbi si generano per il futuro quando, nuove maggioranze politiche, impegnate a far fronte alle sempre presenti necessità di gettito, potranno essere tentate di far ricorso al nuovo riformato sistema catastale per aggravi di imposte generati, anche in presenza di aliquote invariate sulle varie voci, dai maggiori valori a quel punto posti a base per il calcolo dei maggiori imponibili a carico dei cittadini.
Non resta a questo punto che seguire il lungo cammino della Legge Delega di Riforma Fiscale e all’interno della stessa l’evolversi dei rilevanti aspetti riguardanti la materia immobiliare.